Chi non ricorda la “parabola dei talenti”? Una narrazione semplice e ricca di significati. Il padrone chiama tre servitori per affidar loro i suoi beni prima di partire. Ma in misura diversa: a uno dà poco, a un altro qualcosa, a un altro ancora dà tanto. E noi, quanti talenti abbiamo?
Anche il movimento cooperativo ha alcuni talenti. Pochi, qualcosa, tanti? Abbiamo il talento dello spirito di iniziativa: il guizzo, l'ispirazione, l'idea che fa partire un'impresa, un'avventura; perché una cooperativa nasce con un'intuizione. Poi abbiamo il talento dello spirito di mutualità: la condivisione dell'idea, delle responsabilità, della gestione ordinaria o straordinaria, del futuro; perché insieme è meglio. Abbiamo anche il talento della concretezza: fare, organizzare, spostare le cose, innovare, a volte ridursi per ripartire ma ripartire con senso di realtà e voglia di andare avanti. E siamo a tre: il quarto talento è l'attenzione verso i più fragili: noi non vogliamo diventare imprese semplicemente ricche o grosse, perché a noi il profitto interessa solo se è inclusivo, se ha valore sociale. E proprio per questo abbiamo ancora un ultimo talento: l'attenzione verso la comunità: sappiamo cosa vuol dire stare sul territorio, viverlo, apprezzarlo nelle sue parti migliori sapendo accettare anche le peggiori, quelle distruttive, critiche, faticose.
Con cinque talenti così, cosa possiamo fare? Arricchirci? Forse no, però possiamo trafficarli senza paura. Fare, pensare, muoverci, percepire, immaginare, analizzare e costruire. Il mondo contiene delle possibilità da cogliere: cose da fare e persone con cui lavorare.
Sono cinque talenti che devono appartenere soprattutto a chi ha delle responsabilità, a chi dirige: a quella che una volta si sarebbe chiamata “classe dirigente”. Oggi il movimento cooperativo esprime ancora una buona e spesso ottima classe dirigente, forgiata dal territorio, dall'impegno quotidiano, dalla concretezza e dall'ispirazione. Una classe dirigente ben formata è un bene prezioso da non disperdere, semmai da alimentare. Insieme. Ecco perché l'incontro tra dirigenti, le assemblee, gli organi democratici, i convegni, i corsi, tutto concorre a creare una classe dirigente forte e autorevole. A fronte di una politica spesso improvvisata, noi possiamo rispondere dimostrando che si può promuovere una classe dirigente capace.
Ci è stato dato infondo anche il talento della vocazione alla politica. Infatti nel nostro contesto sono nati e cresciuti dirigenti che alla politica hanno dato molto: i nomi noti li conoscete. Così come si conoscono i molti amministratori comunali e territoriali forgiati dall'esperienza cooperativa. E allora non possiamo disinteressarci di quanto accade in politica, soprattutto per orientarla ad una politica popolare e umana, nel rispetto e nell'autonomia di ogni soggetto ma con la chiarezza di esprimere temi e bisogni, analisi e possibili soluzioni a cui contribuire. Senza forzature, ma sapendo però non possiamo non esercitare la responsabilità che ci è stata data, perchè i talenti vanno usati con cura e con intelligenza. Peraltro il Vangelo non presenta alcuna forma di buonismo: “a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Stare insieme, lavorare assieme è veramente una forma di sicurezza e contemporaneamente di coraggio. Anche confrontarci, stabilire delle alleanze serve a trafficare bene i talenti: a volte saranno intese, a volte saranno patti ma è così che le persone, le imprese, gli enti, i territori crescono e si sviluppano. È lo sviluppo la grande sfida sociale, economica, finanziaria, perfino culturale: sicuramente politica. Con questo spirito chiedo di affrontare la preparazione all’assemblea di febbraio che chiederà impegno a molti di noi.
Nota finale. Per noi la parabola dei talenti avrebbe magari presentato anche un quarto servitore: quello che decide di trafficare i suoi più o meno tanti talenti insieme agli altri, in modo cooperativo. E chissà, forse anche Lui avrebbe apprezzato...