La scomparsa di don Redento lascia in tutti noi un sentimento di dolore e smarrimento come avviene sempre quando a mancare sono persone che con la loro vita e le loro azioni ”hanno fatto la storia”.
Don Redento ha fatto la storia della cooperativa sociale di Bessimo, una delle realtà più longeve tra le associate a Confcooperative Brescia, da lui fondata nel 1976, e che negli anni ha sviluppato servizi e politiche a favore delle persone con problemi di dipendenza sapendo innovare continuamente sistemi e modalità di risposta verso queste fragilità con il mutare dei fenomeni dei comportamenti legati alle molte forme di dipendenza.
Ma don Redento, insieme ad altri sacerdoti bresciani è parte di quella storia che ha visto nella nostra provincia così come in tutto il nostro Paese germogliare negli anni ‘60 e ‘70 nelle famiglie, negli oratori, tra i volontari e le associazioni, nei gruppi informali e parrocchiali quell’impegno civile che ha portato le prime risposte per gli orfani, i disabili, i malati mentali, i tossicodipendenti, che ha costruito i primi servizi, i primi luoghi educativi, i primi inserimenti lavorativi che troveranno poi nella legge 381/1991 la forma giuridica di cooperativa sociale. Ma il movimento cooperativo nel suo insieme ha visto alla sua origine molti sacerdoti che furono da stimolo per far nascere cooperative che si occupassero del credito, della casa, di agricoltura. Un spinta oramai affievolita ma di cui sentiamo più che mai oggi la necessità.
Tutta la vita di don Redento si connota come la vita di un innovatore, di un anticipatore, animata da una potente fede nella Provvidenza, lui che si definiva “l’asino di Gesù”, e per il quale possiamo usare le stesse parole che Papa Francesco ha pronunciato per ricordare don Roberto Malgesini “Questo prete non faceva teorie, semplicemente, vedeva Gesù nel povero e il senso della vita nel servire. Asciugava lacrime con mitezza, in nome di Dio che consola".
Don Redento consegna alla cooperativa di Bessimo e a tutte le cooperatrici e cooperatori molto più di una testimonianza appassionata; le sue parole e le sue opere ci dicono che non bisogna mai fermarsi a guardare quanto si è realizzato, ma che è necessario portare la cooperazione “sulle nuove frontiere del cambiamento, fino alle periferie esistenziali dove la speranza ha bisogno di emergere e dove, purtroppo, il sistema socio-politico attuale sembra invece fatalmente destinato a soffocare la speranza, a rubare la speranza, incrementando rischi e minacce” (Papa Francesco, 28 febbraio 2015 Aula Paolo VI). Mettere sempre al centro la persona, con le sue fragilità, le sue risorse, i suoi sentimenti; avere il coraggio di affrontare problemi e questioni scomode, spesso volutamente ignorate dalla società e dalla politica; condividere scelte e responsabilità, operare perché “non sia dato per carità ciò che è dovuto per giustizia”.
Grazie don Rodento.